Si potrebbe sintetizzare così la lunga mail inviata agli inizi di aprile da una giovane studentessa milanese, Laura, al quotidiano cattolico “Avvenire”, lettera interessante e per nulla scontata, che a mio parere merita di essere diffusa. A distanza di un mese, non è mai giunta alcuna risposta.
Laura sul suo profilo facebook scrive:
Leggendo “Avvenire” mi sono imbattuta nell’ennesimo articolo sulla famiglia targato Lucia Bellaspiga. Così ho deciso di mandarle questa email per farle capire che la dovranno anche smettere, prima o poi, di sentenziare così.
“Buonasera, chi Le scrive questa email è una ventunenne. Mi è capitato tra le mani, per sbaglio, il vostro articolo intitolato: “Gender in classe: mondo capovolto”.
Le scrivo in quanto sono sicura che Lei sia aperta al confronto con una realtà non necessariamente simile, ma non per questo sbagliata, alla Sua. Vorrei, se ha voglia di perdere una manciata di minuti a leggere quanto ho da dirLe, premetterLe che sono un’amante della libertà in ogni sua sfaccettatura: libertà in campo economico, libertà in campo morale, libertà in campo religioso, libertà in campo culturale, qualsiasi cosa, purché di libertà si tratti. Io credo fortemente che tutto ciò che riguardi la sfera privata dell’individuo debba essere soggettivo e scevro da qualsiasi genere di giudizio. Mi spiego: io ho un concetto di giustizia e Lei ne avrà un altro, io ho un concetto di bellezza e Lei ne avrà un altro ancora, io ho un concetto di arte e Lei differirà dal mio, io ho un concetto di Dio molto diverso dal Suo, io ho un concetto di famiglia e Lei ne ha in mente un altro. Lungi da me gridare a gran voce che il mio concetto è giusto e il Suo sbagliato. Mi limito a dire che il mio concetto è giusto per me e il Suo concetto è sbagliato per me. Questo stesso atteggiamento, purtroppo, non lo riscontro nel mondo cattolico. Avete questo modo di fare che sembra voglia dire: “Quello in cui credo io dev’essere Legge universale”. Mi spiego ulteriormente: voi siete liberi di professare il vostro Credo, di manifestare le vostre idee e di portare avanti i vostri concetti di giustizia, ma non potete pretendere che questi stessi vostri concetti siano i concetti di tutti. Perché dico questo? Perché, per me, la mia libertà finisce dove inizia la libertà dell’altro, ma voi avete il brutto vizio di lasciare che si prolunghi anche quando essa invade la sfera altrui. Le faccio un esempio: se Lei si trovasse davanti a una scelta che può essere: “Adozioni gay (che brutta definizione, poi): legalizzare o non legalizzare?” e dicesse: “Io ho un mio concetto di famiglia che è fatta di uomo, donna e bambino, ma proprio perché amo la libertà, allora, non privo al mio prossimo di potersi sposare e di poter crescere dei figli”, sarebbe una grande amante della libertà. Perché? Perché i suoi ideali non andrebbero a recar danno alla vita del concittadino o, meglio dire, del fratello (siamo o no tutti figli di Dio?). E invece dicendo: “No, la mia idea di famiglia non corrisponde alla loro e, insieme a tanti altri no, non legalizzo i matrimoni e le adozioni per le coppie di fatto”, sta privando della libertà il concittadino/fratello. Questo è giusto? Come se io, non cattolica, privassi della libertà di culto tutti voi dicendo che, no, Dio non è mai esistito. Perché questo fate: imponete il vostro Credo. Fino a prova contraria l’Italia risponde alla Costituzione e non alla Bibbia e, se i miei studi presso la Facoltà di Giurisprudenza non mentono, l’art. 29, l’art. 30 e l’art. 31 parlano chiaramente di famiglia, il primo, riconoscendola come società naturale fondata sul matrimonio (il continuo “uomo e donna” non lo vedo), dei genitori, il secondo, senza menzionare il loro genere sessuale, e di agevolazioni e protezione, il terzo, per tutte le famiglie, ma neanche qui vedo accenni all’uomo e alla donna. La Bibbia non sarà sicuramente d’accordo con quanto dice la nostra vecchia e cara Costituzione, ma fino a prova contraria siamo governati dallo Stato e non dalla Chiesa (anche se è proprio lei a governarci a tutti gli effetti). Mi chiedo, perciò, perché io dovrei vedermi privata dei miei diritti solo perché il mio orientamento sessuale non corrisponde al vostro (o a quello tradizionale, ma tradizionale vuol sempre dire giusto? Perché anche mangiare l’agnello a Pasqua è una tradizione, ma reputo che questo non sia molto corretto..)? Dovrei rinunciare ad una famiglia solo perché un gruppo di benpensanti mi nega la libertà di crearmela? Questa è libertà? Parlate di una morale che non corrisponde né alla mia né a quella di tante altre persone, ma con la differenza che io la mia morale non la impongo. Io pretendo solamente equi diritti e doveri che vanno al di là di un orientamento sessuale, di una problematica fisica o mentale, di una diversa etnia o un diverso credo religioso. E invece no. Dobbiamo chinare la testa alle vostre idee. Che poi, parliamoci chiaramente: quali gravi conseguenze subirebbe la Società (come se ora vivessimo in una bella Società)? Che Lei sappia, forse, Belgio, Spagna, Irlanda, Danimarca, Regno Unito, Francia, Canada, Argentina, Uruguay, Sud Africa e Nuova Zelanda, hanno avuto problemi con l’aumento del tasso di omosessualità tra la popolazione o episodi di suicidi tra bambini che non volevano due papà o matrimoni eterosessuali non celebrati o figli di eterosessuali rapiti o contaminazione o sterminio o chissà quale altra catastrofe naturale? A me non pare, anzi. Mi sembrano Paesi, per quanto abbiano anche loro i propri problemi, che se la passano meglio di noi. Sarà che l’intelligenza in campo etico accompagna spesso l’intelligenza in campo economico? Sarà che a farsi gli affari propri si campa veramente cent’anni? Lo scopo di quest’email non è di certo costringerla a pensarLa come me, ci mancherebbe! Amante della libertà quale sono non vorrei minimamente che Lei la pensasse come me se non fosse spinta da proprie convinzioni, ma quello che non voglio, e di questo ne sono certa, è la continua morale che si aggira dalle vostre parti sempre pronta a sentenziare su ciò che è giusto e sbagliato. Non sarebbe meglio, forse, guardare un po’ in casa propria lasciando perdere quella degli altri? Perché prima di parlare di immoralità fuori dalla Chiesa io, personalmente, mi occuperei di quella che c’è dentro. Ho letto nel suo articolo che parla di “eterofobia” e della necessità, sarcasticamente parlando, di una legge che protegga gli eterosessuali dalla lobby omosessuale. Beh, mi dispiace contraddirLa, ma fino a prova contraria non si è ancora sentito che un omosessuale picchi un eterosessuale perché eterosessuale. Del contrario, invece, ne sono pieni i giornali. Omosessuali picchiati, ragazzini nelle scuole derisi, uomini e donne uccisi e rinchiusi (ciò avviene davvero in molti altri Stati). Di eterosessuali maltrattati non ne ho mai sentito parlare. Magari non sono informata. E se voi foste davvero contro ogni tipo di discriminazione sareste stati sicuramente a favore del progetto di legge contro l’omofobia, ma così non è avvenuto. Siete talmente contro ogni discriminazione che quando vi chiedono se siete d’accordo riguardo un’aggravante da infliggere qualora Y picchiasse X in quanto omosessuale, dite di no. Gli opuscoli che Lei tanto critica sono, ahimè, necessari in quanto i genitori non sanno educare (al contrario non fanno altro che diseducare alla diversità) e, di conseguenza, serve qualcuno che dica ai bambini che esistono altre realtà, ma non per questo sbagliate solo perché diverse dalla nostra. Se questo lavoro d’educazione lo facessero i genitori, beh, risparmieremmo volentieri i soldi degli opuscoli. E invece no. Deve intervenire lo Stato ad educare i figli, ma soprattutto i genitori. Perché la radice di ogni discriminazione parte proprio dalla famiglia. Inoltre, nel Suo articolo, ha aggiunto che bisognerebbe occuparsi anche di quei bambini che vengono presi in giro in quanto chierichetti. Bene: mi faccia qualche esempio concreto e combatterò anche per loro (anche se i telegiornali finora hanno parlato di ragazzini suicidi per altri motivi..). Combatterò anche per loro perché sono contro qualsiasi genere di discriminazione. E perderei la voce a furia di gridare per chiunque ne avesse bisogno: omosessuale, disabile, credente, ateo, musulmano o chicchessia.
Voi siete pronti a farlo?”